Prima-residenza---Parigi

Prima residenza di drammaturgia. Un racconto.

Cartoucherie de Vincennes
16/21 gennaio 2023

Gli intensi giorni di lavoro hanno reso concreta la nostra ipotesi di drammaturgia. L’ipotesi di un Orfeo scienziato che si pone a capo di un progetto ambizioso, mosso dal dolore di una perdita, dalla durezza di una assenza. E in fondo, la possibilità di una guarigione, di una nuova fioritura, di una rinascita. 

Conoscevamo i presupposti teorici di questo lavoro, le nozioni e le scoperte che ne hanno determinato la nascita. Il Quadrivium, il numero d’oro, la proporzione fissa descritta da Fibonacci, i misteri orfici. Abbiamo approfondito quegli aspetti usandoli come base di lancio: l’obiettivo era fare un salto. Lanciare quella ipotesi di drammaturgia oltre l’ostacolo. Così è accaduto.

Orfeo resta scienziato del suono. Accanto a lui, i colleghi e compagni di viaggio, le cui competenze sono abilità concrete e insieme pure allegorie. Ma il mito emergerà con più forza di quanto potessimo immaginare all’inizio. 

Il lavoro procederà su un doppio binario: da una parte, l’ambientazione precisa, ben definita, del laboratorio del suono; dall’altra, lo spazio poetico del mito che riecheggia attraverso un linguaggio differente, più allusivo e iperbolico. Le due cose insieme. 

La metafora del mito trascina il reale in scena: la questione concreta, più che mai attuale, della perdita di vibrazione terrestre; un modo per testimoniare il grigiore in cui siamo immersi, l’affievolirsi di una energia che piano, ha smesso di erogare. Viceversa, la realtà di un mondo che si è spento rende necessario il mito. Euridice è simbolo di quella perdita, di quella fuga, il suo è il precipitare delle nostre vite in un inferno in terra. 

L’immagine della terra che non risuona più, che ha cessato la propria vibrazione, è rappresentata dal cosiddetto esperimento. È un femminile qualunque quello che rappresentiamo. La terra è un femminile qualunque precipitato in uno stato depressivo. È intorno a lei che si svolge il lavoro degli scienziati, perché la rinascita di lei vorrebbe dire il recupero della vibrazione sopita. La riscoperta di un legame con le cose del mondo. Una connessione che esiste e va recuperata con la musica, i cui effetti vanno oltre ogni immaginazione. 

Ma come si agisce su chi ha smesso di sentire? Come si guarda la cecità? Come si tocca una terra che non risuona? La si sfiora? La si stimola, le si sussurrano parole? E quali?

  La terra respira. 
Lo abbiamo notato ieri, appoggiando l’orecchio  
contro il suolo. Abbiamo sentito chiaramente il 
battito profondo e regolare del suo cuore. Tum.   
Tum. Tum. Mio fratello piccolo era spaventato,  
ma io l’ho rassicurato. Non c’è niente di male     
nella nostra scoperta.

  

I personaggi, li abbiamo studiati a fondo perché abbiano forma e consistenza. I ruoli, così definiti perché in scena vi sia una dinamica umana oltre che sonora, si apriranno a una diversa forma nell’attraversare il mito, accompagnando e sostenendo il linguaggio poetico che ne scaturisce, per poi tornare alla realtà della scienza e alle sue regole. 

Attendiamo il magnifico spazio ovale del Pavillon. 

Elvira Buonocore

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